Ciao sono Pistoia a dondolo
dondolo di qua e di là, di qua e di là,
che ci posso fare
mi piace dondolare.
Vi voglio accompagnare a fare un giro per i luoghi di questa città; che è una città, è bene saperlo, le cui strade hanno nomi strani, originali, frutto di antiche tradizioni e di leggende tramandate dalle nonne.
Eccoci qua, appena mossi, siamo in via delle Pappe. Lo sapete da che deriva questo nome? Dal fatto che ci abitavano e ci passavano i pappini, cioè gli antichi infermieri dello Spedale del Ceppo che portavano la pappa ai malati. E questi li chiamavano “Oh pappino, dammene un po’ a me! No, a me!”. Ma guardate, se alzate gli occhi vedrete delle statuine colorate che – opportunamente, perché si tratta di un ospedale! – rappresentano le opere di misericordia. Ma andiamo avanti. All’incrocio con via San Pietro vediamo l’imbocco di via Corilla. Non la sbaglierete mica, come tanti cittadini, con via Gorilla eh? Qui non si parla di uno scimmione! No, venne intitolata a una poetessa pistoiese che a Roma fu incoronata d’alloro in Campidoglio e fu chiamata con un nome roboante come allora si usava: Corilla Olimpica.
Ma torniamo indietro, non c’abbia a essere davvero un gorilla.
Seguiamo quello che era, ed è ancora sotto l’asfalto, il tracciato di un’antica gora chiamata Ombroncello. Quanti alti e antichi palazzi! Quello del Balì, (hey qui a destra si va in piazza del Duomo lo sapete vero!), quello Fioravanti, quello Brunozzi; ma a un certo punto, venite, c’è una specie di castello. È il Castel Cellesi, residenza fortificata di una nobile famiglia che guerreggiava con le altre e, dall’alto delle sue mura, tirava addosso ai nemici sassi, frecce e anche qualche vaso di robaccia maleodorante. Puah!
Basta giriamo di qua e sostiamo in quella che si chiama ancora la Porta Vecchia. Qui vicino, prima della grande basilica della Madonna, c’è un vicoletto contorto che si chiama vicolo Brontola. I pistoiesi dicono che ci abitavano due vecchiette che stavano tutto il giorno a brontolare e riempivano questa viuzza delle loro lamentele; ma la verità è che c’entra d’infilato il vento (come nella vicinissima via del Vento) e fa un ululato che sembra una specie di costante brontolio.
Avanti ancora fino a San Filippo e si entra in via Abbi Pazienza, il nome deriva da alcuni versi incisi su una fontana invitanti la famiglia che lì abitava – quella de’ Rossi – alla virtù della pazienza; ma ogni pistoiese giurerebbe che la via fu luogo di agguato di un tizio che voleva pugnalare il suo nemico, durante le ore notturne in inverno. Giunse una figura ammantata, l’aggressore la ferì e quando poté vederla in viso scorse il volto di un amico. “Abbi pacienza” seppe allora appena dire. La leggenda però non riporta la replica del colpito.
Ma siamo già rientrati al giardino volante.
Adesso, vi prego, continuate con vostri giochi,
che sono così importanti per crescere sani e intelligenti,
mi diverto anch’io sapete, nel vedervi tutti allegri!
Ma tornatemi a trovare,
e viaggeremo di nuovo insieme!